La Garanzia del Sussidio Sociale non è contro nessuno. È per tutti.

In Italia, ogni giorno, sindacati, patronati, CAF e cooperative sociali si impegnano per aiutare le persone a ottenere ciò che spetta loro. A tutte queste realtà va il nostro rispetto. Ma oggi sentiamo il dovere di proporre un passo in avanti, per tutti.

Un nuovo patto sociale

Con la Garanzia del Sussidio Sociale, proponiamo un diritto universale:
una base economica minima garantita a ogni cittadino italiano,
senza condizioni, senza burocrazia, senza umiliazioni.

Non è un attacco a chi lavora nel sociale.
È un invito a diventare protagonisti della nuova dignità.

Non più gestire il bisogno,
ma accompagnare l’autonomia.
Non più intermediare i diritti,
ma rafforzarli.
Non più inseguire l’emergenza,
ma costruire emancipazione.

Una nuova missione è possibile

Chi oggi lavora nell’assistenza potrà diventare:

  • orientatore della cittadinanza attiva,
  • promotore della qualità del lavoro,
  • sostenitore della partecipazione civica.

Non vogliamo togliere valore a nessuno.
Vogliamo dare un nuovo valore a tutti.

Chi vorrà camminare con noi sarà il benvenuto.
Chi vorrà opporsi, dovrà comunque confrontarsi con la forza di un’idea giusta.

La Garanzia del Sussidio Sociale è il primo passo verso un’Italia dove la dignità non si chiede, si garantisce.

Camminiamo insieme.
Proposizione Popolare

Garanzia del Sussidio Sociale

Una proposta pienamente conforme alla Costituzione Italiana


1. Dignità economica come diritto inviolabile
Articolo 2 – La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo.

2. Uguaglianza sostanziale, non solo formale
Articolo 3 – La Repubblica rimuove gli ostacoli economici che limitano la libertà.

3. Libertà di lavorare senza paura
Articolo 4 – Il diritto al lavoro si realizza se c’è sicurezza economica di base.

4. Assistenza universale, razionalizzata e continua
Articolo 38 – Diritto alla sicurezza economica per l’intero arco di vita.

5. Dignità anche nell’economia privata
Articolo 41 – L’iniziativa economica deve rispettare la dignità umana.


La nostra proposta realizza i principi costituzionali.
Non chiediamo privilegi: chiediamo che la Repubblica mantenga la sua promessa.
Non inventiamo diritti: li rendiamo reali per ogni cittadino.


Proposizione Popolare
Noi, non faremo mai pace col silenzio.

Proposta di Legge d’Iniziativa Popolare

“Garanzia del Sussidio Sociale – Per una Repubblica fondata sulla dignità economica”



Premessa per il Cittadino

“Non è lavoro senza dignità. E non c’è dignità, senza sicurezza economica.”

Viviamo tempi difficili. La precarietà economica non è più un’eccezione, ma la regola. Giovani che non trovano un posto, adulti che lo perdono, anziani che sopravvivono. E intanto, le promesse si susseguono, gli slogan si rincorrono… ma la vita vera resta appesa a un filo.

È arrivato il momento di rimettere la dignità al centro della Repubblica. Non solo la dignità del lavoro, ma la dignità economica: quel diritto inalienabile di ogni persona di non essere lasciata indietro, di non essere costretta a vivere nell’umiliazione, nella dipendenza, nella paura.

La Garanzia del Sussidio Sociale è una proposta concreta, seria, strutturale. Non un bonus, non un’elemosina. Ma un nuovo pilastro costituzionale: un reddito universale che accompagni ogni cittadino dalla nascita alla vecchiaia, che sostenga senza sostituire, che protegga senza frenare.


Articolo 1 – Nuovo Fondamento Costituzionale

“L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sulla dignità economica e sul lavoro.”

Questa modifica non cancella il valore del lavoro. Lo rafforza. Perché senza dignità economica, il lavoro si riduce a schiavitù.


Capitolo I – La Garanzia del Sussidio Sociale

Art. 1 – Definizione

La Garanzia del Sussidio Sociale è un’erogazione economica universale e inalienabile riconosciuta a ogni cittadino italiano dalla nascita alla morte.

Art. 2 – Caratteristiche

  1. Universalità: Nessun criterio di merito, reddito o stato occupazionale. Ogni cittadino ne ha diritto.
  2. Progressività per Età: Cresce con l’età, fino a stabilizzarsi intorno alla maggiore età.
  3. Compatibilità con il Lavoro: Non sostituisce il lavoro. Lo integra.
  4. Tassazione Equa: Tra i 18 e i 65 anni, il sussidio è tassato in base al reddito. In caso di reddito sufficiente, viene sospeso automaticamente.
  5. Pensione di Base Garantita: Dopo i 65 anni, si trasforma in pensione sociale.

Art. 3 – Obiettivi

Garantire un’esistenza libera e dignitosa.

Prevenire e ridurre la povertà.

Incentivare l’autonomia e la partecipazione attiva alla società.


Capitolo II – Attuazione e Sostenibilità

Art. 4 – Integrazione nel Sistema Previdenziale

Il Sussidio viene gestito da un ente pubblico nazionale e integrato nel sistema del welfare esistente.

Art. 5 – Riforma Fiscale

Finanziato da una ristrutturazione equa e progressiva del sistema fiscale, che colpisce i privilegi e protegge i diritti.

Art. 6 – Politiche Attive per il Lavoro

Il sussidio è accompagnato da programmi di:

Formazione e riqualificazione

Supporto alle imprese sociali e alle start-up

Incentivi all’assunzione stabile


Conclusione – Perché Ora

Il tempo delle toppe è finito. Occorre una riforma che vada al cuore del problema: la paura di non farcela. Con la Garanzia del Sussidio Sociale vogliamo dare una risposta concreta, stabile, umana. Una risposta che dice al cittadino: “Non sei solo. La Repubblica è con te. Sempre.”

Proposizione Popolare propone, con spirito di unità e responsabilità, una legge che non divide ma unisce, che non promette miracoli, ma garantisce dignità. Perché nessun futuro è possibile se non fondato sul rispetto della persona.


Da dove nasce Proposizione Popolare!

L’impegno di una vita che ha smesso di tacere

“Quella foto risale al 2014 e qualcuno già pensava alla “alla riforma del sistema politico elettorale.” All’epoca facevo parte del Movimento 5 Stelle, ma nella mia mente già prendeva forma l’idea di una riforma politica profonda per la Calabria. Quel giorno, davanti al Consiglio Regionale, non ci andai solo per protestare: ci andai con una bozza in mano. C’era scritto: ‘Ammoderniamo la Calabria – Consiglio Regionale – Ai Comuni’. Era il segno che non stavo solo immaginando un cambiamento, ma lo stavo preparando. Oggi, dopo dieci anni, quella visione è ancora viva. Anzi, è più forte che mai.”
Gaetano Rosarno

Una foto del 2014. Tre uomini seduti sui gradini del Consiglio Regionale della Calabria. Il sole batte forte, ma a scaldare davvero quella scena è il gesto semplice di uno di loro: Gaetano Rosarno mostra una bozza. Non un volantino qualsiasi, ma una proposta di riforma, intitolata “Ammoderniamo la Calabria – Consiglio Regionale – Ai Comuni”.

All’epoca Gaetano faceva parte del Movimento 5 Stelle. Ma la politica, quella dei partiti, non era il centro della sua azione. Lo era, invece, l’idea che la Calabria meritasse un nuovo sistema, capace di resistere ai meccanismi avversi e alle logiche della precarietà.

Nel 2014, parlare di riforma politica regionale era per pochi. Eppure lui c’era. E c’era con un documento in mano, una visione in testa e una calma ostinazione nel cuore.

Oggi, quella bozza non è più solo un ricordo. È diventata un progetto maturo, sviluppato con pazienza e rigore. Gaetano non l’ha abbandonata, non l’ha venduta, non l’ha urlata. L’ha portata con sé. Per dieci anni.

Questo non è un elogio personale. È un invito a guardare alle idee che durano. A quelle che non inseguono l’onda, ma la scavano.

Se un giorno la Calabria avrà davvero una riforma degna di questo nome, forse tutto sarà iniziato lì, su quei gradini, con una bozza in mano e una frase chiara: “Ammoderniamo la Calabria. Consiglio Regionale. Ai Comuni.”

Proposizione Popolare

Non c’è ricambio la terra soffre e si svende al “new landowner”

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In un tempo che avrebbe dovuto essere quello del ritorno, assistiamo invece a una fuga silenziosa. I giovani se ne vanno, non per pigrizia, ma perché il sistema non li vuole. O meglio: li vuole lontani. Vuole la terra libera. Libera da chi la ama, da chi la conosce, da chi vorrebbe curarla. Così la terra soffre. Rimane orfana. Abbandonata.

E quando la terra è sola, diventa merce. Oggetto di scambio. Troppo spesso, finisce in mano a chi non ha radici, ma solo interessi. Ai nuovi latifondisti. Vecchi di spirito, nuovi di strategia. Travestiti da imprenditori, spesso sostenuti da logiche e finanziamenti pensati per i giovani ma intercettati dai soliti noti. Il risultato? Ettari ed ettari svenduti, a volte legalmente, a volte furbescamente. Sempre tragicamente.

Non c’è ricambio. E questo è un problema politico, prima che sociale o agricolo. Perché una terra senza ricambio è una terra senza futuro. E non basta parlare di innovazione agricola se prima non si rompe il silenzio sulle condizioni che impediscono ai giovani contadini di mettere radici.

Noi di Proposizione Popolare non siamo qui per condannare i singoli. Ma per denunciare un sistema che premia la concentrazione e punisce la diversità. Che lascia marcire i sogni di chi vorrebbe restare, e favorisce chi acquista solo per accaparrare.

Senza un ricambio vero, non c’è agricoltura. C’è solo sfruttamento. E dietro ogni svendita c’è una rinuncia, spesso forzata. Dobbiamo dirlo. Dobbiamo proporre.

Per questo lanciamo un appello:

un’anagrafe pubblica delle terre abbandonate e una mappa delle proprietà “congelate”;

un vincolo etico di destinazione per gli incentivi pubblici, a tutela del ricambio generazionale reale;

la priorità d’uso per cooperative di giovani che vogliono coltivare e non speculare.

La terra è madre. Non proprietà. Chi la compra per profitto, la sterilizza. Chi la vive per amore, la fa fiorire.

Noi siamo dalla parte dei secondi. E non faremo mai pace col silenzio.

Proposizione Popolare

Dazi, sovranità nazionale e consumatori: perché un equilibrio è necessario

In un contesto globale caratterizzato da competizione serrata, il dibattito sui dazi rimane centrale. Da una parte, c’è chi li considera pericolosi per l’economia e la libertà di scambio; dall’altra, chi li ritiene fondamentali per difendere il tessuto produttivo nazionale e, indirettamente, i consumatori. Al di là di queste posizioni estreme, è utile esaminare in modo lucido i vari aspetti di questo tema complesso.


1. Dazi e sovranità nazionale

L’adozione di dazi, se impostata con criterio, può costituire uno strumento di difesa della sovranità economica del Paese. Proteggere le imprese nazionali dalla concorrenza di prodotti esteri a basso costo – spesso ottenuti con pratiche di dumping o in assenza di regole uniformi – non è sinonimo di chiusura all’estero, bensì una forma di salvaguardia dell’occupazione e di promozione della qualità associata al Made in Italy. Una filiera produttiva solida non solo sostiene l’economia interna, ma ne valorizza il posizionamento sui mercati internazionali.


2. L’incompletezza dell’Europa

Le politiche doganali, se applicate unilateralmente, si scontrano con i princìpi europei di libero mercato e concorrenza. Va però considerata l’incompletezza dell’Unione Europea: mancano un vero debito comune e una banca centrale con poteri effettivamente sovrani. Questa lacuna crea squilibri tra gli Stati membri, poiché regole comuni di scambio non sempre si accompagnano a eguali strumenti di sostegno economico e finanziario. Tale asimmetria alimenta tensioni, soprattutto quando i Paesi puntano a difendere i propri settori strategici.


3. Consumatori, prezzi e qualità

Il consumatore è il fulcro dell’intero sistema economico: senza domanda non esisterebbero offerte di beni o servizi. Un mercato eccessivamente deregolamentato rischia di colpire soprattutto i consumatori più deboli, che possono trovarsi alle prese con prodotti di scarsa qualità o provenienti da filiere poco trasparenti. Un equilibrato utilizzo dei dazi può dunque tutelare la capacità di acquisto, incentivando nel contempo la produzione locale di beni sicuri e di standard elevati.


4. Il “terrorismo economico” e la razionalità nei dazi

Chi si oppone con forza all’idea di introdurre dazi spesso enfatizza possibili scenari disastrosi, presentandoli come forme di “terrorismo economico”: si paventano aumenti spropositati dei prezzi, fughe di investimenti e sanzioni. È vero che misure doganali aggressive e indiscriminate possono destabilizzare i mercati; tuttavia, una strategia calibrata può evitare di sfociare in un protezionismo cieco, favorendo invece una concorrenza più leale.


5. Bilancia commerciale ed equilibrio produttivo

La bilancia commerciale, cioè il rapporto fra esportazioni e importazioni, è un indicatore essenziale: quando le importazioni superano di gran lunga le esportazioni, la ricchezza prodotta internamente tende a uscire dal Paese. Se, inoltre, l’ingresso incontrollato di prodotti a basso costo penalizza la produzione interna (perché quei prodotti continuano a essere acquistati), il rischio è che il Paese importatore finisca per non produrre più a sufficienza. A lungo andare, potrebbe persino perdere la capacità economica di acquistare tali prodotti esteri, perché non genera ricchezza interna.
I dazi mirati, in questo quadro, possono servire a mantenere un equilibrio, proteggendo le filiere nazionali e assicurando che il mercato non diventi un mero ricettore di merci a basso costo, con conseguente impoverimento del tessuto produttivo e calo dell’occupazione.


Conclusioni

La questione dei dazi non va ridotta a un mero scontro tra libero mercato a oltranza e protezionismo totale. È piuttosto un tema che richiede un’analisi attenta della struttura industriale, del ruolo dei consumatori e delle asimmetrie del contesto europeo. Per garantire un futuro solido all’economia nazionale, è necessario:

  1. Definire politiche doganali ponderate, che proteggano i settori strategici senza ostacolare inutilmente il commercio internazionale.
  2. Riconoscere l’importanza dei consumatori, garantendo al tempo stesso qualità e prezzi equi.
  3. Tenere conto degli squilibri europei, soprattutto in assenza di una piena integrazione fiscale e di una banca centrale sovrana.

Trovare un punto d’equilibrio che tuteli la produzione interna e, al contempo, rispetti le regole comuni può apparire complesso, ma è essenziale per prevenire il rischio di “terrorismo economico” e per evitare che il consumatore diventi la prima vittima di un mercato fuori controllo.

«No all’assistenzialismo elettorale, Sì al Sussidio di Cittadinanza per la Dignità Economica!»

“In un’economia capitalista appare contraddittorio chiedere allo Stato salari minimi imposti, che prescindono dal risultato effettivo della prestazione, soprattutto nel settore privato dove produttività e merito sono cruciali. Piuttosto, garantiamo una dignità economica strutturale e universale, basata su un diritto di cittadinanza riconosciuto fin dalla nascita, incentivando il lavoro e responsabilizzando tanto il pubblico quanto il privato sulla qualità e l’efficienza dei risultati.”

La Calabria si emanciperà dalle avversità

LA “RIFORMA ONRASOR” CON I COMUNI IN CONSIGLIO REGIONALE:

Rafforza la democrazia e la fiducia nelle istituzioni
L’attuale disaffezione elettorale e la sensazione di distanza tra cittadini e Regione rischiano di minare le basi della democrazia. Con collegi piccoli e radicati, ogni cittadino sentirà più prossimo il proprio rappresentante regionale.

Supera la centralizzazione
La gestione “dall’alto” talvolta trascura le specificità dei territori, generando disparità e ritardi nello sviluppo. Restituire voce ai Comuni significa puntare su un modello di governance che valorizzi le differenze e le risorse locali.

Azzera corruzione e “zone grigie”
Una governance capillare, con rappresentanti scelti in piccoli collegi, moltiplica i controlli e la trasparenza. L’intero sistema diventa più impermeabile alla concentrazione di poteri e agli abusi, in quanto ogni decisione è condivisa da un’ampia platea di Consiglieri vicini ai cittadini.

Promuove un futuro sostenibile e inclusivo
Grazie a un dialogo costante tra Regione e Comuni, la Calabria (o qualsiasi altra Regione adotti la Riforma) può innovare e adottare politiche più aderenti alle esigenze locali, dalla transizione ecologica al miglior utilizzo dei fondi europei, senza sacrificare la coesione sociale.

PROPOSIZIONE POPOLARE

Verso un nuovo modello di Regione

La “Riforma Onrasor” non richiede una rivoluzione costituzionale: si inserisce nel solco del Titolo V riformato, preserva il principio del suffragio universale per l’assemblea legislativa e adotta un modello “parlamentare” che la Costituzione stessa ammette. I Comuni diventano il fulcro della rappresentanza, e i Consiglieri, che provengono e rispondono a collegi ridotti, eleggono il Presidente secondo una dinamica di fiducia simile a quella dei sistemi parlamentari.

È un modello più inclusivo, che dà voce a tutti i territori, e più partecipativo, perché i cittadini votano direttamente i propri rappresentanti di area. Allo stesso tempo, valorizza la dimensione comunale, in cui i Cittadini i Sindaci e gli amministratori possono candidarsi, sostenere la nomina del Presidente e incidere in modo concreto sulle scelte di governo.


La “Riforma Onrasor” mira a costruire un sistema regionale trasparente, vicino ai territori e realmente democratico, in cui il peso delle piccole comunità non si disperda e ogni cittadino possa influire più efficacemente sulle scelte che contano. Non è un’utopia, ma un passo concreto verso una nuova stagione politica, in cui il governo regionale si fonda sui Comuni e su un metodo di lavoro collegiale e responsabile.

Proponendo questo modello, si intende rispondere in modo costituzionalmente solido alle necessità di rinnovamento e partecipazione: un’occasione di riscatto per le Regioni che vogliono esprimere tutto il potenziale dei loro territori, mettendo al centro i cittadini e le loro esigenze.

Proposizione Popolare

Allarme declino demografico: Mancate politiche di rilancio equivalgono a sostituzione culturale

Siete consapevoli che, senza un vero piano di rilancio della natalità, l’immigrazione rischia di diventare l’unico strumento di compensazione del calo demografico, con il potenziale effetto di una “sostituzione culturale” anziché di una semplice integrazione? Quali garanzie e politiche di integrazione avete previsto per evitare situazioni di conflitto sociale, considerato che molti immigrati provengono da contesti culturali in cui le nostre abitudini, valori e tradizioni potrebbero non essere facilmente condivise?

Perché la crisi demografica non è trattata come priorità nazionale, nonostante i segnali di un progressivo indebolimento del tessuto socio-economico italiano?

Quali sono le motivazioni alla base di una mancata pianificazione strutturale di incentivi e sussidi che possano incoraggiare la natalità, sostenendo in maniera concreta le giovani coppie e le famiglie?

Perché non vengono stanziate risorse adeguate per un piano a lungo termine che favorisca la genitorialità, attraverso misure come un reddito minimo garantito e agevolazioni fiscali mirate?

In che modo si intende agire per favorire una migliore conciliazione tra vita lavorativa e famiglia, così da ridurre la paura di non riuscire a garantire un futuro dignitoso ai figli?

Perché altre urgenze sembrano spesso superare la questione demografica, nonostante l’allarme lanciato da molti esperti sul rischio di spopolamento e di tenuta del welfare?

Come si giustifica il continuo rinvio di riforme che tutelino i diritti delle famiglie e forniscano sicurezza sociale, soprattutto a chi vorrebbe mettere al mondo figli ma teme di non poterli mantenere?

Rilanciare la natalità significa contribuire a un futuro stabile e sostenibile per tutti. Chiediamo quindi politiche prioritarie che offrano supporto concreto ai genitori e riconoscano il valore della Famiglia.

Proposizione Popolare