Al fianco dei medici al fianco di Ippocrate al fianco del malato e al fianco di chi cura.

Non siamo contro chi lavora nella sanità.
Siamo contro un sistema che ha lasciato soli i medici, gli infermieri, il personale sanitario, costretti a scegliere tra precarietà ben pagata e stabilità svilente.

I professionisti della cura non devono essere coinvolti nel cortocircuito etico e politico che ha trasformato il bisogno di salute in mercato.
Devono essere ascoltati. Rispettati. Protetti.

Ippocrate non è una firma. È una promessa.
E noi vogliamo tornare a onorarla, non con parole, ma con scelte concrete.

Il medico va retribuito con dignità.
L’infermiere va trattato con giustizia e riconoscenza.
Il cittadino va curato senza attese disumane.
E la sanità pubblica va salvata non solo da chi la gestisce, ma per chi la riceve e per chi ogni giorno la rende possibile.

Nessuna riforma, nessun riequilibrio sarà mai giusto se dimentica che al centro della sanità c’è la persona malata, non un numero, non un utente, ma un essere umano fragile, in attesa di aiuto.

Il malato non ha voce nei tavoli istituzionali, nei bilanci sanitari, nelle strategie regionali.
Ma è per lui che tutto dovrebbe accadere.

Proposizione Popolare lo considera il primo soggetto da tutelare.
Per lui chiediamo trasparenza, organizzazione, rispetto.
Per lui diciamo che non è ammissibile che il diritto alla cura venga compromesso da giochi di ruoli, da ritardi burocratici, da sistemi di profitto opachi.

Per il malato pretendiamo un sistema pubblico forte, umano, accessibile.
E per questo siamo al fianco dei medici, degli infermieri, degli operatori sanitari, perché senza di loro la cura non può esistere.
Ma siamo anche dalla parte di chi soffre, perché è lì che ogni parola deve tornare.

Proposizione Popolare ritiene che non sia eticamente accettabile operare contemporaneamente nel pubblico e nel privato, laddove ciò comporta un potenziale conflitto di interessi o una riduzione della qualità e continuità dell’assistenza.
O si serve il bene pubblico, o si opera nel privato. Ma non si può fare entrambe le cose se questo danneggia il cittadino.

Il conflitto di interessi è definito da normative nazionali e regionali (D.lgs. 165/2001, art. 53, e Codice di comportamento PA della Regione Calabria) come condizione che pregiudica imparzialità e buon andamento.

Per questo motivo, chiamiamo in causa l’Ordine dei Medici e i sindacati di categoria:

perché dichiarino pubblicamente una posizione chiara su questo tema;

perché definiscano linee guida deontologiche e contrattuali trasparenti;

perché svolgano un ruolo attivo nel rafforzare il sistema pubblico, non nel sostituirlo.

E lo facciamo come cittadini. Nient’altro che cittadini.
Siamo agenti civici senza ruoli o rendite. Ma nessuno può esimerci dal chiedere chiarezza.
Perché in uno Stato giusto, il cittadino ha il diritto di sapere e il dovere di non tacere.

Vogliamo scoperchiare le ragioni profonde del ricorso crescente a contratti a chiamata e incarichi provvisori:

Cosa ha offerto finora la Regione?

Perché tanti professionisti preferiscono lasciare un incarico pubblico, spesso mal retribuito, per soluzioni a tempo?

Quali logiche stanno governando la sanità pubblica?

Poniamo queste domande non per polemica, ma per costruire un percorso condiviso.
E ci rivolgiamo a tutti i professionisti della cura, con rispetto:
camminate con noi. Non siamo vostri avversari. Siamo cittadini che vogliono darvi fiducia, con lealtà e verità.

Perché chi cura non può restare solo.
E Ippocrate non può diventare un alibi. Deve tornare ad essere il faro.


Nota di responsabilità civile

Questo testo rappresenta una riflessione pubblica di carattere civile, sociale e istituzionale, espressa nell’ambito del diritto costituzionalmente garantito alla libera manifestazione del pensiero (Art. 21 della Costituzione).
Ogni riferimento è di carattere generale. Il testo non intende colpire individui o enti identificabili, ma contribuire a un dibattito costruttivo e rispettoso, in difesa del bene comune.

Proposizione Popolare

Proposizione Popolare

Proposizione Popolare è una realtà civica.
Chi ne condivide i principi, ne è parte.
Non ha vertici. Non ha statuto.
Ha soltanto principi indelebili.

Una Carta dei Principi staccata dal libro delle ideologie,
che non si limita solamente a custodire l’essenziale.
I tre fondamentali del vivere civile:

La Garanzia della Dignità Economica.
Il Diritto Sanitario.
Il Diritto all’Istruzione.
Cardini necessari ad ogni società civile.

Rosarno: i cittadini senza medico, il Presidente sotto accusa. E il sistema tace.

Rosarno: i cittadini senza medico, il Presidente sotto accusa. E il sistema tace.

A Rosarno, oltre mille cittadini sono rimasti senza medico di base.
Cinque professionisti sono andati in pensione, nessuno è stato sostituito.
I medici rimasti hanno saturato le proprie liste. Risultato: persone anziane, fragili, croniche, lasciate senza assistenza, senza farmaci, senza dignità.

Una situazione già gravissima, che diventa drammatica in un territorio dove non esiste nemmeno un presidio di primo soccorso comunale, capace di gestire urgenze minime o orientare ricoveri.

Ma Rosarno non è un caso isolato.
In tutta la Calabria la medicina territoriale sta crollando, tra carenze croniche di personale, liste d’attesa infinite e cittadini costretti a inseguire il diritto alla salute come fosse un favore.

Eppure Rosarno non è un comune qualsiasi.
Qui risiede l’onorevole Giovanni Arruzzolo, esponente di Forza Italia, storicamente vicino all’onorevole Francesco Cannizzaro. Entrambi, come è noto, condividono da tempo la linea politica e istituzionale del Presidente della Regione e Commissario alla Sanità, Roberto Occhiuto.

Un Presidente oggi impegnato a difendersi da un’accusa di corruzione, mentre la sanità calabrese affonda.
E allora ci chiediamo: chi si sta occupando della salute dei calabresi?
Chi difende Rosarno, Palmi, Locri, Lamezia, Corigliano, Rossano – se chi ne ha titolo è impegnato a difendere se stesso?

Proposizione Popolare non accusa, ma chiede.
Chiede che si smetta di giocare con il diritto alla cura.
Chiede che ogni comune calabrese sia dotato di un presidio comunale sanitario attrezzato, per non lasciare più nessuno morire per assenza di primo soccorso.
Chiede che chi ha responsabilità politiche sul territorio smetta di fare silenzio.

Non è una questione di bandiere. È una questione di coscienza e civiltà.

“Culle vuote? Non si vive di bonus. Si vive di dignità”

In data odierna il Ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, in audizione presso la Commissione parlamentare sulla transizione demografica, ha descritto con parole allarmanti il fenomeno ormai strutturale della denatalità in Italia. Si è parlato di “culle vuote” e di spopolamento, specialmente nel Mezzogiorno.

Tuttavia, la risposta politica continua a essere insufficiente, parziale e subordinata a logiche contabili o elettorali.

Si propongono incentivi fiscali, misure spot per le famiglie, ipotesi di ridimensionamento dell’offerta scolastica. Ma il nodo centrale resta eluso:
l’assenza di una reale e permanente sicurezza economica per i cittadini italiani.

UNA SOCIETÀ CHE NON GENERA NON È UNA SOCIETÀ SBAGLIATA, MA ABBANDONATA

In un contesto in cui un giovane su tre non è nelle condizioni di progettare un futuro, avere un figlio, mantenere una famiglia o persino restare nella propria terra, lo Stato ha il dovere di intervenire.
Non con “mance” o premi a termine. Ma con una riforma civile, profonda, strutturale.

LA GARANZIA DELLA DIGNITÀ ECONOMICA PER L’INTERO ARCO DI VITA

Proposizione Popolare ha depositato, in data 20 maggio 2025, presso l’Ufficio Notifiche Atti Normativi della Camera dei Deputati, una proposta di legge d’iniziativa popolare che introduce la Garanzia della Dignità Economica.
Tale proposta è già stata regolarmente notificata alle istituzioni preposte.

Questa riforma:

riconosce a ogni cittadino una base economica minima garantita, indipendente da status lavorativo e fase della vita;

è sottratta a logiche di bilancio e di alternanza politica;

si propone di essere vincolante e costituzionalmente tutelata;

si fonda su un principio di giustizia sociale e di dovere collettivo verso la persona.

Non si tratta di un sussidio, ma di una nuova architettura del patto sociale, che assicuri continuità di esistenza e possibilità concreta di costruzione di sé, della famiglia e della società.

È L’ITALIANO AD ESSERE IN PERICOLO

Non solo nel numero, ma nella sua sostanza:
Nella possibilità di formarsi, contribuire, generare futuro, sentirsi parte di una comunità che non lo abbandona e non lo costringe all’emigrazione interiore o geografica.

Se non si inverte subito questa rotta, non saranno solo le culle a svuotarsi. Sarà il Paese stesso a smettere di esistere come comunità viva e giusta.

Gaetano Onrasor Rosarno Co/fondatore Proposizione Popolare

Quando un Presidente parla , dovrebbe parlare lo Stato!

Abbiamo assistito a una lunga intervista del Presidente Roberto Occhiuto a “Quarta Repubblica”, in prima serata. Abbiamo deciso di mettere il muto, per ascoltare invece ciò che manca: la voce della Costituzione, delle regole, delle istituzioni.

Perché in un Paese serio, non è un talk show che legittima o assolve un Presidente.
In un Paese serio, quando l’onorabilità dell’Esecutivo è in discussione, dovrebbe parlare l’Avvocatura dello Stato. Dovrebbero farlo con sobrietà, con atti formali, in nome del popolo e nel rispetto della magistratura.

Un Presidente non è un privato cittadino che si difende nel salotto di un giornalista.
È un organo costituzionale. E se davvero il suo operato è integro, dev’essere lo Stato a dichiararlo. Non l’audience.

È questo il cuore della nostra riforma:

De-personalizzare il potere.
Proteggere la funzione pubblica dalla spettacolarizzazione.
Restituire dignità agli organi della Repubblica.

Perché un Presidente che agisce in nome dei calabresi non ha bisogno di emozionare lo spettatore, ma di rassicurare il cittadino. Non deve convincere una platea, ma rispettare un vincolo.

E se davvero è tutto limpido, sia lo Stato a dirlo.
Non lo spettacolo.

Con “Governo Regionale ai Comuni” proponiamo:

– un sistema che non dipende da uomini forti,
– una politica che non si difende da sola,
– una Regione che non sia più orfana di legalità condivisa,
– un futuro in cui le parole importanti tornino a essere pronunciate dalle sedi giuste, non dai microfoni più forti.

Abbiamo messo muto su ciò che confonde per dichiarare ciò che costruisce.

Ora più che mai, serve consegnare il governo regionale ai Comuni

Non per approfittare, ma per proporre: ora più che mai serve restituire il governo ai Comuni

Proposizione Popolare – Governo Regionale ai Comuni

Mentre le cronache riportano notizie gravi e complesse che coinvolgono la massima istituzione regionale,
noi non intendiamo approfittarne.
Non ci interessa il clamore, ma la ricostruzione civile.
E oggi, più che mai, ci sembra il momento giusto per dire:

Serve una riforma radicale.
Una nuova architettura istituzionale.
Un modello che ridia fiducia, trasparenza, autonomia, controllo dal basso.

Questa riforma noi l’abbiamo già scritta.
Si chiama: “Governo Regionale ai Comuni.”
È il cuore del nostro progetto civico.
Non nasce contro qualcuno, ma per qualcosa di più grande:
per sottrarre la Regione alla gestione autoreferenziale e riportarla nelle mani di chi ogni giorno tiene in piedi i territori.

Sindaci, consiglieri comunali, rappresentanze locali, cittadini responsabili:
sono loro la nuova ossatura di una Regione finalmente libera da logiche personali, da clientele, da scambi opachi.


Se il caso Occhiuto avrà un impatto, sia almeno quello di aprire un dibattito sul modello di governo e non solo sui nomi.

Noi siamo qui, con una proposta scritta, consegnata, disponibile.

Non per distruggere, ma per costruire.
Non per punire, ma per restituire.
Non per sostituire un potere con un altro, ma per cambiare le regole del gioco.

Perché il problema non è solo chi governa.
È come si governa.
E a chi appartiene davvero la Regione.

Proposizione Popolare

La Calabria merita d’essere riformata!

Ho conosciuto Gerardo Mario Oliverio, e non ho mai pensato che fosse un uomo in malafede.
Così come, per quanto mi è dato osservare, non credo che Roberto Occhiuto sia una cattiva persona.

Ma è proprio questo il punto:
quando anche persone perbene finiscono schiacciate da un sistema malato, è il sistema che va cambiato.

E finché quel cambiamento non arriva, a pagare il prezzo è sempre la Calabria.

Noi non stiamo cercando colpevoli.
Stiamo cercando soluzioni.

La nostra riforma nasce proprio per questo:
per liberare anche chi governa dal peso di un potere troppo concentrato e troppo fragile.
Per costruire un modello in cui il potere si distribuisce, il controllo si esercita e i cittadini, attraverso i Comuni, governano.

Non è solo una riforma.
È una protezione collettiva.
Perché la Calabria non merita altri inciampi.
E chi la ama davvero, non può più voltarsi dall’altra parte.

ProposizionePopolare #GovernoAiComuni #RiformaViva #CalabriaDesta #ResponsabilitàCivica

La PEC come Domicilio Digitale Necessario: Urgenza di una Scelta di Civiltà

In uno Stato che intende dirsi moderno, trasparente ed efficiente, l’attivazione di un domicilio digitale certo e accessibile per ogni cittadino non è più un’opzione: è una necessità.

La Posta Elettronica Certificata (PEC), o sistemi equivalenti interoperabili, rappresenta oggi l’unico strumento capace di garantire simultaneamente risparmio pubblico, certezza delle comunicazioni, tracciabilità amministrativa e tutela del cittadino.

Continuare a considerarla un accessorio facoltativo significa accettare un sistema dove la disinformazione, il ritardo, la moltiplicazione dei costi e la disuguaglianza digitale restano strutturali.

I dati lo dimostrano: il solo referendum del 2025 è costato allo Stato circa 88 milioni di euro, gran parte dei quali imputabili alla necessità di gestire fisicamente un processo che, se digitalizzato con domicilio certificato, avrebbe potuto generare un risparmio stimato tra il 60% e l’80%.

In un Paese che vuole proteggere le risorse pubbliche, valorizzare il tempo delle persone e semplificare l’accesso ai diritti, la domiciliazione digitale obbligatoria non può più attendere. Va resa operativa per ogni cittadino, gratuitamente, attraverso un sistema guidato e assistito dallo Stato.

La PEC non è uno strumento elitario: è un diritto di prossimità amministrativa, un ponte tra il cittadino e la pubblica amministrazione. Negarla o ritardarne l’adozione equivale a mantenere un divario funzionale che alimenta sprechi, contenziosi e marginalità.

Proposizione Popolare sostiene, senza esitazione, che l’attivazione del domicilio digitale debba essere resa obbligatoria per tutti i cittadini italiani maggiorenni, così come oggi lo è il codice fiscale.
Non vi è alcun motivo razionale per cui un cittadino debba ricevere atti vitali con ritardo o per posta cartacea, quando è disponibile un mezzo certificato, immediato, economico e sicuro.

In uno scenario di democrazia partecipativa e amministrazione digitale, la PEC non è un’opzione: è un’infrastruttura civile di base. Lo Stato non può più permettersi di considerarla una scelta individuale: è tempo di renderla universale, accessibile, obbligatoria e protetta.

Gaetano Onrasor Rosarno Co-fondatore

Proposizione Popolare

“Referendum, sobrietà e democrazia: la proposta giusta non è alzare il muro, ma raddrizzare la soglia”

Con rispetto per ogni posizione istituzionale, Proposizione Popolare prende atto della proposta del Ministro Tajani e del gruppo di Forza Italia di portare da 500.000 a 1.000.000 le firme necessarie per la richiesta di referendum abrogativo.

Comprendiamo l’intenzione dichiarata: rafforzare la serietà dello strumento. Ma ci permettiamo di dire, con altrettanto spirito costruttivo, che la direzione è sbagliata.

Il vero limite del referendum abrogativo oggi non è il numero di firme da raccogliere, ma il criterio che ne decide la validità: un quorum ancorato agli aventi diritto al voto, non ai cittadini realmente partecipi della vita democratica del Paese.

In questa condizione, milioni di voti possono essere cancellati da chi sceglie di non votare.
E così lo strumento referendario viene svuotato, non rafforzato.

Proposizione Popolare ha già depositato una proposta, fondata e misurata, per modificare quel criterio:

👉 Un referendum è valido solo se i votanti raggiungono almeno il numero dei partecipanti alle ultime elezioni politiche per la Camera dei Deputati.
👉 All’interno di quella soglia reale e verificabile, vince il “sì” o il “no” con la maggioranza dei voti validi espressi.

Non si chiede di abbassare la soglia, né di banalizzare il meccanismo. Si chiede di renderlo coerente con il principio di rappresentanza attiva.

Innalzare le firme e lasciare intatto il quorum significa chiudere due volte la stessa porta.

Se davvero si vuole rafforzare la democrazia, non si comincia rendendo più difficile il controllo popolare. Si comincia ascoltandolo.

Gaetano Onrasor Rosarno Co-fondatore Proposizione Popolare

LA DIGNITÀ DEL VOTO

Proposizione Popolare – 2025

Nella Costituzione c’è una voce che sussurra da decenni, ma che pochi ascoltano davvero.
È la voce dei cittadini chiamati a decidere direttamente non a eleggere, non a delegare, ma a scegliere.

Quel momento si chiama referendum.
E oggi, per far sì che quella scelta sia valida, si impone una regola in apparenza neutra ma in realtà ingannevole:
“Deve votare almeno il 50% + 1 degli aventi diritto.”

Un quorum non della democrazia, ma dell’astensione.
Un quorum che rende il silenzio più forte della parola.
Un meccanismo che premia chi non partecipa e annulla chi vota.
Un paradosso: milioni di cittadini potrebbero votare in massa per abrogare una legge,
eppure essere ignorati solo perché altri, in silenzio, non si sono presentati.

NOI, DI PROPOSIZIONE POPOLARE, ABBIAMO DETTO BASTA.

Con la proposta di legge costituzionale depositata il 4 giugno 2025, abbiamo riscritto il patto tra popolo e potere.
Abbiamo proposto che il referendum sia valido se partecipano almeno tanti cittadini quanti ne hanno legittimato la legislatura in corso, cioè il numero di votanti dell’ultima tornata elettorale politica.

Non più un quorum riferito agli “aventi diritto” cifra teorica e irraggiungibile.
Ma un quorum reale, civico, tracciabile:

Se alle politiche hanno votato in 20 milioni, saranno questi 20 milioni il nuovo metro della legittimità democratica.
Se la loro voce è bastata per costituire un governo, allora può bastare anche per abrogarne una legge.

Una regola semplice, giusta, trasparente.
Una regola che restituisce dignità al voto e valore alla partecipazione.

MA NON CI FERMEREMO QUI.

Proposizione Popolare proporrà anche l’introduzione in Costituzione del referendum propositivo vincolante, con le stesse regole di legittimazione:

  • stesso quorum reale,
  • stesso vincolo per le istituzioni,
  • stessa forza della voce popolare.

Un popolo che può dire “no”, deve poter dire anche “sì”.
E quel sì, se pronunciato da cittadini liberi e informati, deve obbligare chi governa.

NON È UTOPIA. È DEMOCRAZIA.

Proposizione Popolare
Una proposta. Un metodo. Un patto nuovo tra il cittadino e lo Stato.